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Colture fuori suolo: idroponica e acquaponica

Nel breve periodo le città ricopriranno un ruolo chiave nella sfida alla sostenibilità ambientale ed alimentare.

Climate change, conflitti e le conseguenti carestie, dalla distruzione degli ecosistemi e allo sfruttamento delle risorse naturali esauribili, hanno fatto crescere una nuova sensibilità e un nuovo attivismo, come ci ricordano Greta Thunberg e i 17 goals dell’agenda ONU 2030, per uno sviluppo ambientale, economico e sociale sostenibile e, quindi, proiettato nel futuro.

Come si inseriscono  idroponica e acquaponica, in questo contesto?

Scopriamo insieme questi due metodi di coltivazione, per conoscerne caratteristiche e differenze.

Cambiamenti climatici e risorse limitate: che fare?

Secondo i dati FAO nel 2050 ci saranno 10 miliardi di persone nel mondo, il cui sostentamento non sarà possibile con le attuali tecniche di coltivazione rendendo necessario un aumento della produzione di cibo del 70% rispetto ad oggi. Come fare quindi a nutrire la popolazione mondiale in crescita affrontando, contemporaneamente, i cambiamenti climatici che richiedono di abbassare drasticamente l’impatto ambientale delle azioni umane? Una possibile soluzione poggia su due asset principali:

  • gestione sostenibile delle risorse naturali
  • coinvolgimento dei centri urbani e dei cittadini.

Perché l’Urban Farming?

Nel 2030 il 60% della popolazione mondiale vivrà nelle città, per cui la stessa FAO sottolinea  l’importanza dell’agricoltura urbana. Incrementare piante e alberi in città, a partire proprio dall’autoproduzione, non solo risponde all’obiettivo di nutrire il pianeta, ma permette di assorbire CO2, ridurre l’inquinamento e il surriscaldamento, contrastando l’effetto “isola di calore”, per migliorare la biodiversità e rendere i centri urbani più sani, piacevoli e vivibili

Dunque, se serve più cibo, se non c’è più spazio, se le persone saranno sempre più concentrate nelle città, allora è nelle città che occorre creare nuovo verde e produrre nuovo cibo, in modo sostenibile, anche per contribuire ad abbassare il surriscaldamento globale. Le coltivazioni fuori suolo hanno le caratteristiche giuste per questa rivoluzione. 

Idroponica e acquaponica: cosa sono e quali vantaggi hanno?

Idroponica e acquaponica sono tecniche di coltivazione fuori suolo, in assenza di terreno.
Si contraddistinguono dall’agricoltura tradizionale principalmente per via della loro applicabilità in qualsiasi contesto e per l’elevata capacità di risparmio idrico.

Inoltre entrambi i sistemi di coltivazione consentono una maggiore piantumazione per metro quadrato, anche grazie a tecniche di coltivazione come NFT (Nutrient Film Tecnique ), DWC (Deep water culture), Vertical Towers.

Idroponica

Nella coltivazione idroponica realizzata attraverso vasche generalmente poste all’interno di una serra, le radici delle piante sono immerse direttamente nella soluzione nutritiva composta da acqua e da sostanze in essa contenute, ovvero sali, minerali e altri microelementi. Per nutrire le piante, quindi, vengono utilizzate soluzioni nutritive create o con processi di sintesi industriale o attraverso l’estrazione e successiva raffinazione di rocce, come quelle fosfatiche. Non c’è terra, ma solo un substrato di ancoraggio per le radici costituito nella maggior parte dei casi da argilla espansa, zeolite, lana di roccia e fibra di cocco.

Acquaponica

L’acquaponica, invece, mette insieme coltivazione idroponica e acquacolturaper questo la FAO le ha dedicato numerosi approfondimenti e un manuale pratico per la realizzazione di impianti di piccola scala.
Grazie alla presenza di pesci a scopo ornamentale o alimentare, l’impianto di acquaponica riesce a creare un ecosistema chiuso e circolare: l’ammoniaca presente negli escrementi dei pesci viene trasformata da alcuni particolari batteri per diventare nutrimento delle piante, che a loro volta purificano l’acqua per i pesci. Un processo naturale, quindi, basato sulla delicata sinergia tra piante, pesci e batteri. Qui il substrato di argilla espansa o altra materia inerte, non costituisce solo l’ancoraggio iniziale delle piante, ma partecipa attivamente allo sviluppo dei batteri poiché fornisce loro spazio per proliferare.

Niente suolo, molti vantaggi: perché si tratta del futuro dell’agricoltura?

Che si tratti di impianti High Tech, Medium Tech e Low Tech, ovvero di aziende che utilizzano serre di ultima generazione e procedure automatizzate, oppure di sistemi semplici, basati sul riciclo, maggiormente diffusi nelle periferie urbane, sono moltissimi i vantaggi delle colture fuori suolo:

  • rese elevatissime per metro quadro in tempi rapidi 
  • riduzione dell’uso di suolo per la produzione agricola
  • risparmio idrico dell’80%-90% rispetto ai metodi di coltivazione tradizionali
  • indipendenza dalle condizioni climatiche 
  • possibilità di utilizzare varietà ottimizzate che richiederebbero uso di prodotti chimici in grandi quantità.

Negli impianti acquaponici, inoltre, viene garantita la salubrità dei prodotti coltivati, poiché non vengono utilizzati pesticidi e fitofarmaci, che andrebbero ad uccidere i pesci, mentre l’uso di agrofarmaci e diserbanti è possibile in idroponica, seppur molto limitato. 
Dall’impellenza della sfida ambientale e dal successo che stanno ottenendo dentro e fuori i confini nazionali, sembra proprio che i metodi di coltivazione fuori suolo non siano il futuro, ma il presente dell’agricoltura. Per fortuna, verrebbe da dire.
Voi cosa ne pensate? Le conoscevate già?