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Acquacoltura e tecniche sostenibili per l’allevamento di pesci

Problemi ambientali, cambiamenti climatici, spreco di cibo e malnutrizione sono tutte questioni all’ordine del giorno. Con la sua presenza e le sue azioni, infatti, l’uomo ha compromesso gli equilibri del nostro Pianeta, mettendo a rischio la biodiversità sia nel mondo animale che in quello vegetale.

L’obiettivo 14 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’Onu, ci ricorda che è necessario conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile. 

Molto del pescato che oggi arriva sulle nostre tavole proviene da impianti dove vengono fatti crescere pesci e piante in acquacoltura, scopriamo insieme di cosa si tratta.

Cos’è l’acquacoltura: tecniche e caratteristiche

L’acquacoltura è l’allevamento di organismi acquatici attraverso l’utilizzo di tecniche che implicano forme di intervento umano variabili. Le prime testimonianze di questo metodo risalgono alle più antiche dinastie cinesi ed egiziane che le tramandarono a loro volta alle nascenti popolazioni etrusche e romane.

L’acquacoltura si differenzia in marina e continentale o di acqua dolce, entrambe a loro volta classificabili in acquacoltura delle acque calde (associata all’allevamento di specie quali i ciprinidi nelle acque continentali o tropicali in quelle marine) ed acquacoltura delle acque fredde (quali la trota in acqua dolce e il salmone in ambiente marino).

Più nel dettaglio possiamo distinguere 4 tipologie in base alla specie allevata:

  • Molluschicoltura per l’allevamento di molluschi, in particolare bivalvi (cozze, vongole, ostriche)
  • Piscicoltura per l’allevamento di pesci
  • Alghicoltura per la coltivazione di alghe e microalghe come la spirulina
  • Crostaceicoltura per l’allevamento dei crostacei.

I metodi di allevamento sono invece 3, ovvero:

  • Estensivo, dove l’intervento dell’uomo è nullo (compresa l’alimentazione), tranne che nel momento di prelievo del pesce, con grossi bacini d’acqua e bassa densità 
  • Semi Intensivo, che prevede l’intervento dell’uomo e una densità massima di 20 kg/m3
  • Intensivo, che consiste in un massiccio intervento da parte dell’uomo per tutte le fasi dell’allevamento, dalla riproduzione allo svezzamento all’ingrasso, attraverso l’utilizzo impianti di depurazione ed ossigenazione, in grado di sopportare anche densità superiori ai 100 kg per metro cubo. 

Acquacoltura e sviluppo sostenibile

Più del 50% del pesce consumato proviene da impianti di acquacoltura. Tra il 2008 ed il 2013 l’acquacoltura ha avuto una crescita del 60%, che secondo le stime ufficiali delle Nazioni Unite, crescerà fino a raggiungere nel 2025 gli 8.1 miliardi di prodotto, destinati ad aumentare ulteriormente fino a sfiorare i 9.6 miliardi nel 2050 e i 10.9 miliardi nel 2100. 

Per far fronte alle pressioni sulla domanda e assicurare al tempo stesso uno sviluppo sostenibile del settore, a favore della protezione dell’ecosistema e della biodiversità, sarà infatti necessario diminuire sempre più la pesca tradizionale a favore dell’acquacoltura.

Essa viene considerata una soluzione necessaria ed efficace per far fronte all’espansione della domanda causata dalle evoluzioni economiche e demografiche globali, grazie alle caratteristiche dei prodotti dell’acquacoltura stessa che hanno spinto la domanda al rialzo, trainata dalla possibilità di acquistare un bene dalle qualità completamente equiparabili a quelle del pescato e a livelli di prezzo inferiori, puntando inoltre su una gamma estremamente vasta di offerta.

Possibilità e limiti dell’acquacoltura

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa tecnica di allevamento? 

I vantaggi dell’acquacoltura

La possibilità di ridurre la pesca tradizionale, causa di un forte impatto sull’ecosistema acquatico, è uno dei principali vantaggi dell’acquacoltura: infatti, la cattura in mare può causare la morte di piccoli esemplari non ancora maturi, a causa dello schiacciamento degli uni contro gli altri nelle reti, andando quindi a danneggiare lo sviluppo dei pesci e diminuendone la quantità. È quello che ci raccontano i nostri nonni, soprattutto quelli che facevano i pescatori, descrivendo l’abbondanza di pesce di un tempo rispetto ad oggi, problema evidenziato più volte anche dalla FAO e dalle Nazioni Unite.

Un altro vantaggio è quello di creare lavoro e muovere l’economia, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, fornendo così anche un mezzo di auto sostentamento, economico, ma soprattutto alimentare, permettendo a molte popolazioni di alimentarsi con proteine di origine animale, che in Paesi come l’Africa, ad esempio, sono carenti.

Come sempre, non è tutto oro ciò che luccica e anche l’acquacoltura ha dei difetti.

Gli svantaggi dell’acquacoltura

Oggi l’acquacoltura è ancora strettamente legata alla pesca per la produzione di mangimi e farine, creando un circolo vizioso non sostenibile. Altro aspetto negativo è dovuto al fatto che in Asia, Africa e America Latina l’allevamento di gamberi ha portato alla distruzione di vaste aree di mangrovie, compromettendo l’ecosistema e la biodiversità, con l’aggravante che spesso la manodopera che lavora agli impianti di allevamento dei pesci è costituita per un buon numero da minorenni, privi di ogni diritto.

Tra gli svantaggi più grandi dell’acquacoltura, troviamo inoltre il fenomeno dell’eutrofizzazione, causata dall’inquinamento derivante dalle alte densità di pesci negli allevamenti. Si tratta di un eccesso di sostanza organica, in particolare di azoto, fosforo o zolfo, ma anche residui di medicinali, che inquinando portano ad una eccessiva formazione di alghe e microalghe, le quali non essendo consumate a sufficienza dalla popolazione acquatica determinano una maggiore attività batterica. Questa eccessiva attività batterica non fa altro che andare a consumare tutto l’ossigeno disciolto in acqua, portando alla lunga una moria della fauna ittica. Come detto, l’eutrofizzazione viene causata dall’inquinamento derivante dalle alte densità di pesci negli allevamenti, le cui deiezioni e gli scarti  devono essere processati ed eliminati attraverso specifiche procedure, le quali comportano un costo di smaltimento non indifferente, anche dal punto di vista economico (impianto di depurazione fognaria per gli allevamenti a terra). Mentre per gli allevamenti a terra sono previsti impianti di depurazione fognaria, in mare aperto dove si utilizzano le gabbie, l’unico metodo consiste nello spostare l’allevamento periodicamente, oltre che nel tenere sempre in considerazione la direzione delle correnti, così da evitare di far accumulare troppi scarti in un unico punto.

Notevole è anche lo spreco di mangime, che per le gabbie a mare arriva fino al 70%, dovuto principalmente all’azione delle correnti.

Infine, la salinizzazione di acque dolci e terreni agricoli è un altro problema legato all’acquacoltura, in quanto andando ad allevare specie marine, si vanno a modificare ed alterare i terreni limitrofi, portando ad un aumento delle concentrazioni di sale, con conseguente moria di piante e l’inevitabile perdita di terreni coltivabili.

Piante in acquacoltura con l’acquaponica

Per nostra fortuna e del nostro Pianeta Terra, esiste una soluzione che è in grado di risolvere i principali punti deboli dell’allevamento di pesci in acquacoltura: l’acquaponica, una tecnica antica millenni che prevede l’utilizzo di piante, sfruttando la fitodepurazione svolta da esse per filtrare gli scarti dei pesci in modo naturale, grazie al supporto di batteri, in particolare Nitrosomonas e Nitrobacter, all’interno di un sistema a ricircolo (RAS).

Con fitodepurazione si intende appunto l’utilizzo di piante sia acquatiche che terrestri come agenti di depurazione delle acque inquinate, poiché esse sono in grado di:

  • assorbire i sali minerali che derivano dalla decomposizione della sostanza organica
  • contribuire alla riduzione degli agenti patogeni
  • facilitare la sedimentazione delle particelle in sospensione.

Quando parliamo invece di sistema a ricircolo, ci riferiamo ad un impianto chiuso, dove l’acqua viene fatta circolare con l’ausilio di una pompa, dalla vasca dei pesci, attraverso filtri meccanici, biologici, lampade UV prima di essere reimmessa in vasca.

L’acquaponica, grazie all’unione di fitodepurazione e sistema a ricircolo, permette di risparmiare fino al 90% di acqua, evitando inoltre di andare ad inquinare l’ambiente, in quanto grazie a particolari tecniche come la demineralizzazione che converte i residui organici in un concime liquido completamente naturale, abbatte quasi totalmente l’impatto ambientale rispetto ai classici allevamenti ittici.

Un altro vantaggio dell’acquaponica deriva dalla presenza dei pesci, che non permette di usare concimi chimici o pesticidi, ma solo tecniche e soluzioni in armonia con la natura. Un esempio è l’allevamento multitrofico, ovvero di specie e razze diverse, sfruttando le loro caratteristiche biologiche per trarne vantaggi reciproci, come avviene con gli insetti per la produzione di mangimi e farine, così da sciogliere anche l’ultimo legame tra acquacoltura e pesca tradizionale. 

Di esempi ce ne sono svariati e noi di Aquaponic Design lavoriamo, sperimentiamo e perfezioniamo ogni giorno tecniche innovative e naturali per rendere ancora più sostenibile ed efficace il metodo acquaponico.